Anna Cantagallo: un fischio invisibile che non permette il riposo cerebrale

L’acufene rappresenta una condizione di salute temporanea o cronica che viene definita come una percezione uditiva di suoni nell’orecchio o nella testa in assenza di uno stimolo esterno reale. Nello specifico queste sensazioni sono associabili a ronzio, fischio o sibilo. Le origini di questo disturbo sono di tipo cocleare e sono legate principalmente ad una lesione a livello delle cellule ciliate dell’orecchio interno in seguito ad un trauma acustico. Inoltre esso si presenta con una percentuale del 10-15%  nelle persone adulte e negli anziani con una manifestazione di suoni più complessi nelle donne.

Come spiega Anna Cantagallo “questa patologia può essere definita “fantasma” in quanto nessuno strumento esistente riesce a rilevarla, risultando quindi invisibile”.  È importante aggiungere, poi, che persone che soffrono di acufene riferiscono un disagio significativo, in quanto esso è percepito estremamente fastidioso ed interferente per il sonno, l’umore e la concentrazione, a tal punto da diventare quasi un ostacolo per il normale svolgimento delle attività di vita quotidiana. A questo proposito si sottolinea come l’acufene presenti anche comorbidità con alcune patologie come ansia e depressione, la cui presenza non fa che aumentare ulteriormente il manifestarsi di questo fastidioso tintinnio.

Viste quindi le numerose ripercussioni che tale patologia può avere sulla persona sono stati proposti diversi trattamenti come farmaci, apparecchi acustici o agopuntura che però non si sono dimostrati molto efficaci, a differenza invece di trattamenti psicologici cognitivo-comportamentali che affiancati a quelli medici riportato maggiori effetti.

Recentemente poi è stato svolto uno studio (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2213158217301808 ) sull’argomento da parte dei ricercatori dell’università dell’Illinois in cui sono state indagate le conseguenze che l’acufene può avere per i soggetti che ne soffrono. In particolare, l’obiettivo era quello di riuscire a identificare le costanti alterazioni di connettività cerebrale che secondo i ricercatori provocherebbero il fischio.

Per avere la risposta il team ha esaminato sia la gravità dell’acufene, che la durata del periodo nel quale la persona ne ha sofferto (indicato come durata dell’acufene). Il gruppo dei partecipanti allo studio comprendeva vari sottogruppi: un sottogruppo di 15 soggetti con un fastidioso acufene a lungo termine; un sottogruppo di 17 pazienti con acufene lieve e di lunga durata; un sottogruppo di 12 pazienti con lieve acufene recente; e un sottogruppo di 13 pazienti con acufene moderato a lungo termine.

Tramite la risonanza magnetica funzionale (fMRI) sono state analizzate le connessioni cerebrali con lo scopo di identificare potenziali marcatori di acufene dalle differenze nei modelli di connettività dello stato di riposo.

In particolare sono state indagate le connessioni dei vari sottogruppi tra una zona del cervello chiamata precuneo e due connessioni “di riposo”: l’attenzione Fronto Dorso-Laterale (FDL) che si attiva quando dobbiamo discriminare i distrattori e mantenere l’attenzione in uno stimolo; e il Default Mode Network (DMN), una rete che comprende regioni corticali e sottocorticali attive quando l’individuo non presta attenzione ad alcun compito specifico, in condizioni di piena vigilanza. Quando la DMN è accesa, la rete FDL  è spenta e viceversa.

I risultati di questo studio hanno dimostrato che il precuneo di pazienti che soffrono di acufene cronico è maggiormente connesso alla rete di attenzione FDL  e meno al DMN. In poche parole questo significa che il cervello rimane concentrato sul fischio discriminando gli stimoli esterni e di conseguenza non è mai realmente a riposo. Questo quindi spiegherebbe anche il motivo per cui le persone che ne soffrono riportano spesso di essere stanchi.

Anna Cantagallo conclude dicendo” l’acufene quindi è una patologia sempre più diffusa le cui manifestazioni talvolta possono essere invalidanti per la persona stessa. Tuttavia i progressi scientifici e la ricerca stanno riportando risultati efficaci per la cura e si stanno aprendo nuove frontiere rispetto a terapie che uniscono sia la componente psicologica che quelle medica”.