DISTURBI MENTALI: NON CHIAMIAMOLI SEMPLICEMENTE “MALATI”!

Il riconoscimento dei diversi disturbi nella psicologia individuale

A cura della psicoterapeuta e psicologa a Brescia Dott.ssa Francesca Cervati

L’evoluzione della scienza in ambito mentale ci regala oggi un mondo dove il riconoscimento dei disturbi psicologici ha raggiunto un raffinato livello di precisione nella rappresentazione delle sue varietà.

Si sente parlare e si legge di malattie, disturbi, decadimenti, rallentamenti nello sviluppo, deficit caratterizzati da una precisa sintomatologia. Purtroppo, però, la verità è che molti di questi termini non solo non vengono utilizzati nel modo corretto, ma spesso vengono mescolati o utilizzati in maniera indistinta, senza conoscerne il loro reale significato.

La conseguenza della bassa consapevolezza riguardo le particolarità che distinguono le diverse situazioni crea molta confusione, sia per coloro che scelgono di affrontare un percorso di psicoterapia individuale, sia per le persone a loro affini.

Lo stigma sociale che si accompagna ad alcuni disturbi e alcune malattie, inoltre, è diffuso su larga scala e porta spesso a un grande isolamento o al rifiuto di affrontare questi problemi; del resto, se consideriamo una persona con problemi in ambito psicologico come genericamente “malato” commettiamo un grosso errore: definireste mai in questo modo una persona con una gamba rotta?

Usare le giuste parole

Mi capita a volte, occupandomi di psicoterapia individuale anche con adolescenti, di relazionarmi con alcune persone che lavorano con il ragazzo e sentire frasi come “il bambino non arriva al concetto”, parlando magari di un bambino oppositivo.

Disturbo oppositivo e ritardo cognitivo possono presentarsi insieme, è vero, ma non è assolutamente corretto, nei confronti della persona, giudicare la sua capacità cognitiva solo perché è presente un disturbo nel comportamento.

Spesso, errori del genere sono commessi a causa dell’errata impostazione mentale nella quale ci troviamo quando vediamo una persona con disagio psichico o psicologico e la consideriamo semplicemente “con problemi”.

Se davvero conoscessimo il significato di “disturbo” o di “deficit” probabilmente non cadremmo in errori del genere; provo a spiegarmi:

–         Un disturbo psichico è una condizione patologica che colpisce la sfera comportamentale, relazionale, cognitiva o affettiva in modo tale da rendere problematica la normale vita della persona;

–         La malattia mentale è la condizione invalidante causata dal perdurare del disturbo o dal suo aggravarsi;

–         Il deficit è la diminuzione dell’attività funzionale dell’organismo.

Le parole hanno il potere di distruggere e di creare sosteneva Buddha e proprio perché le parole sono tanto importanti, vanno utilizzate con raziocinio, nel giusto modo e con il giusto intento; per questo, di seguito approfondiamo due tipologie di disturbo particolarmente diffuse, ma che talvolta vengono confuse o scambiate: i disturbi comportamentali e quelli cognitivi.

Riconoscerli con la giusta terminologia significa anche affrontarli con il giusto approccio, senza preconcetti o pregiudizi dovuti a un uso sbagliato delle parole che li definiscono.

I disturbi cognitivi

Quando si è affetti da questo tipo di disturbi si hanno problemi con la memoria, il ragionamento logico, l’attenzione e il linguaggio (talvolta sono anche correlati tra di loro).

Le cause di questi disturbi sono di tipo organico/genetico, da decadimento dovuto all’età, oppure, all’opposto, sono riconducibili ad un incompleto sviluppo psichico o ad una sua interruzione durante l’età evolutiva (bambini e adolescenti).

La valutazione neuropsicologica è probabilmente il mezzo migliore per individuare questa tipologia di disturbo, poiché fa riferimento alla disciplina scientifica che studia le funzioni cognitive, verificandone l’integrità.

Alcuni esempi di disturbo cognitivo sono i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), come la discalculia, la dislessia, la disgrafia e la disortografia.

I disturbi comportamentali

Pur avendo talvolta correlazione con i disturbi cognitivi, le disfunzioni relative al comportamento non sono sempre dovute allo sviluppo psichico, ma possono essere, per esempio, dovute a problemi relativi all’attaccamento in età infantile, a traumi psicologici o a difficoltà nel processare delle informazioni.

Quando facciamo riferimento a questi disturbi, parliamo di condotte che rivolgono verso l’esterno un vissuto di disagio interiore, e che si esternano in comportamenti come l’iperattività, l’aggressività, problemi di attenzione o azioni impulsive.

Vengono generalmente categorizzati in disturbi dell’autoregolazione o della condotta, d’ansia, oppositivo provocatorio o nell’ADHD (deficit di attenzione e iperattività).

Il ruolo della psicologa

Il lavoro di psicoterapia individuale con ragazzi viene differenziato a seconda della fase di sviluppo (infanzia o adolescenza), ma è importante che venga attuato al manifestarsi del problema.

Affrontare precocemente il disturbo significa evitare che questo si cronicizzi e porti difficoltà e ulteriori sofferenze.

Bisogna considerare che tali problemi possono essere legati a un momento particolarmente critico della crescita del bambino, per cui un veloce intervento permette di superare un problema che semplicemente può essere legato a quella fase evolutiva.

Conoscere e differenziare queste problematiche con esattezza, anche nelle parole che li definiscono, permette di affrontare un percorso di psicoterapia individuale sicuramente più fruttuoso.

Uno dei fondamenti della terapia cognitivo-comportamentale, è proprio quello di fornire al paziente le conoscenze e le tecniche per far fronte in maniera autonoma ed efficace alle diverse situazioni